FAQ

Ultimo aggiornamento 25.01.2024

Vale la pena di ricordare brevemente che l’attuale normativa in tema di collegio sindacale e revisione delle società prevede quanto segue:

Per le società per azioni

Nelle società per azioni, in accomandita per azioni e nelle società cooperative per azioni la nomina del collegio sindacale è sempre obbligatoria ed è regolata dall’art. 2397 e ss del Codice civile.  

Almeno un membro effettivo ed uno supplente devono essere scelti tra i revisori legali iscritti nell’apposito registro (Registro dei Revisori Legali).

Inoltre l’articolo 2409-bis del Codice civile stabilisce che la Società per azioni debba essere soggetta alla revisione legale dei conti ad opera di un revisore o di una società di revisione legale iscritti nell’apposito registro. Ciò, può essere derogato dalle società che non redigono il bilancio consolidato; in questo caso, infatti, lo statuto societario può prevedere che tale funzione venga svolta dal Collegio Sindacale a condizione che tutti i suoi componenti siano iscritti nel citato registro.

A tale disciplina sono soggette anche la Società in accomandita per azioni.

Per le società a responsabilità limitata

Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, dopo alcune modifiche attuate con diversi interventi correttivi, ha revisionato l’articolo 2477 del codice civile riguardante la nomina dell’organo di controllo o del revisore.

Nell’attuale formulazione, l’art. 2477, ai commi 2 e 3 c.c., prevede che la nomina dell’organo di controllo o del revisore è necessaria quando la società: 

  1. è tenuta alla redazione del bilancio consolidato; 
  2. controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti;  
  3. ha superato per due esercizi consecutivi almeno uno dei seguenti limiti:
  • totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 4 milioni di euro; 
  • ricavi delle vendite e delle prestazioni: 4 milioni di euro
  • dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 20 unità

Al ricorrere dei presupposti indicati dall’art. 2477 c.c. la S.r.l. coinvolta potrà scegliere tra una delle seguenti opzioni: 

  • nominare un Sindaco unico o un Collegio Sindacale, cui affidare anche la revisione legale dei conti (qualora tutti i sindaci, ovvero il sindaco unico, siano revisori legali), oppure
  • nominare un Sindaco unico o un Collegio sindacale e, separatamente, un revisore o una società di revisione per quel che riguarda la revisione legale dei conti, oppure 
  • nominare un revisore o una società di revisione per la revisione legale dei conti.

Il termine entro cui adempiere l’obbligo di nomina è stato fissato alla data di approvazione del bilancio d’esercizio relativo all’esercizio 2022. In linea generale, al verificarsi del superamento dei limiti dimensionali, la nomina dell’organo di controllo o del revisore è competenza dell’assemblea che approva il bilancio in cui si verifica lo sforamento, la quale deve provvedervi entro 30 giorni.

Le società cooperative sono obbligate alla nomina dell’Organo di controllo, sia quando sono regolate dalle disposizioni sulle Spa sia quando sono regolate dalle disposizioni sulle srl, quando superano i parametri 2° e 3° comma art. 2477 CC già visti per le srl.

Se scatta l’obbligo, per superamento dei suddetti parametri:

  • se alla cooperativa si applicano le disposizioni sulle Spa dovrà essere nominato un Collegio Sindacale;
  • se alla cooperativa si applicano le disposizioni sulle Srl l’Organo di controllo potrà essere collegiale (collegio sindacale) oppure monocratico (Sindaco Unico).

Ultimo aggiornamento 25.01.2024

La holding è un veicolo societario che consente di beneficiare di una serie di vantaggi rilevanti. Tra le varie opportunità che lo strumento offre:

  • una migliore gestione della liquidità del gruppo;
  • un regime fiscale di favore, in certe condizioni, in materia di tassazione diretta;
  • la pianificazione di un ordinato passaggio generazionale;
  • una migliore gestione dei conflitti tra soci;
  • la riduzione del rischio d’impresa;
  • una migliore gestione della governance del gruppo;
  • maggiore solidità finanziaria nei confronti del sistema bancario;
  • una maggior tutela del patrimonio.

Inoltre, restando in ambito fiscale, ai fini Iva, si segnala la possibilità di optare:

  • Per la liquidazione Iva di gruppo di cui all’articolo 73, D.P.R. 633/1972 (vedi altresì il relativo decreto attuativo, D.M. 13.12.1979), la quale consente di procedere alla compensazione di posizioni di debito e credito Iva delle varie società aderenti che però conservano una distinta soggettività Iva, ovvero;
  • per il gruppo Iva, di cui all’articolo 70-bis,D.P.R. 633/1972, regime introdotto dall’articolo 1, comma 24, L. 232/2016, il quale consente, invece, di creare un unico soggetto Iva dotato di una propria partita Iva.

Peculiare è invece il regime Iva applicabile alla holding intesa come fiscal unit.

In alcuni casi le holding pure potrebbero non essere considerate soggette Iva e quindi non si troverebbero nella necessità di avere una partita Iva e di sottoporsi alla disciplina Iva.

Più frequentemente le holding sono identificate come soggetti Iva con la conseguenza di dover valutare una serie di problematiche correlate alla detraibilità Iva. 

Si rammenta infine che, al superamento di determinati parametri, le holding sono obbligate:

  • all’iscrizione nell’Anagrafe dei Rapporti tributari tenuta dall’Agenzia delle Entrate e ad adempiere alle necessarie comunicazioni periodiche;
  • ad adempiere alle comunicazioni previste in materia di indagini finanziarie
  • alle comunicazioni previste dai regolamenti OCSE-CRS-FACTA per i gruppi di impresa.

Ultimo aggiornamento 25.01.2024

L’amministrazione finanziaria, nell’adempimento dei propri compiti accertativi nei confronti dei contribuenti ha a disposizione una serie di strumenti.  

I più comuni sono: 

  • il controllo ex art. 36-bis D.P.R. 600/73, che disciplina un mero controllo con procedura automatizzata, con cui l’ente impositore verifica l’effettuazione dei versamenti di imposte e tasse indicate nei modelli dichiarativi. Spesso (ma non obbligatoriamente) l’attività ex art. 36-bis fa precedere l’emissione di un avviso bonario all’eventuale emissione della cartella di pagamento;

 

  • il controllo ex art. 36-ter D.P.R. 600/73 che disciplina il controllo formale della dichiarazione dei redditi dei contribuenti. Con tale modalità di accertamento, l’Agenzia delle Entrate verifica la rispondenza dei dati indicati nel Modello Unico con la documentazione in possesso del contribuente, nonché con i dati presenti in Anagrafe Tributaria. In caso di irregolarità l’Agenzia delle Entrate provvederà a comunicare una richiesta di delucidazioni o di documentazione supplementare; se anche questo nuovo controllo dovesse avere esito negativo (perché, ad esempio, risulta che il contribuente ha dedotto in dichiarazione spese o costi indeducibili), la cartella verrà preceduta da un avviso bonario;

 

  • l’accesso, le ispezioni e le verifiche disciplinate dall’art. 52 D.P.R. 600/73 che rientrano nella cosiddetta attività di indagine e che spesso risultano “propedeutiche” ad altre forme di raccolta di informazioni utili per l’attività accertativa.

Ultimo aggiornamento 25.01.2024

Il mondo del lavoro è in costante evoluzione e le aziende che desiderano rimanere competitive e attrattive devono adattarsi a questi nuovi trend. Uno degli aspetti più importanti di questa trasformazione è l’attenzione crescente verso il benessere dei dipendenti. In questo contesto, il Welfare Aziendale si configura come una strategia fondamentale per migliorare la qualità della vita dei lavoratori e, allo stesso tempo, aumentare la produttività e la soddisfazione aziendale, attraendo e trattenendo allo stesso tempo il lavoratore in azienda.

Con il termine Welfare Aziendale si intende un insieme di iniziative e servizi offerti dalle aziende ai propri dipendenti in aggiunta alla retribuzione, come ad esempio assicurazioni sanitarie, corsi di aggiornamento professionale, asili aziendali, servizi di assistenza all’infanzia, sconti su servizi e prodotti, flessibilità nell’orario di lavoro, programmi di wellness e molto altro.

Sinaco può svolgere un ruolo incisivo nell’aiutare le aziende a implementare con successo queste iniziative e a migliorare il benessere dei propri dipendenti, creando un ambiente di lavoro più sano e produttivo.

Ultimo aggiornamento 25.01.2024

Per l’anno fiscale 2024 la rendicontazione di sostenibilità sarà obbligatoria secondo gli standard ESRS per gli Enti di interesse Pubblico (EIP) (ossia emittenti di valori mobiliari ammessi alla negoziazione su mercati regolamentati italiani e dell’UE, nonché imprese bancarie e assicurative) che alla data di chiusura del bilancio, anche su base consolidata: i) superano il numero medio di 500 dipendenti; ii) abbiano superato almeno uno dei seguenti limiti: a) stato patrimoniale >20 mln di euro, b) ricavi netti >40mln di euro.

La Corporate sustainability reporting directive (Csrd) estende la comunicazione obbligatoria delle informazioni sulla sostenibilità a partire dall’esercizio 2025 per le imprese (EIP e non EIP) che alla data di chiusura del bilancio, anche su base consolidata, eccedono almeno due dei seguenti parametri: a) 250 dipendenti, b) stato patrimoniale >20 mln di euro, c) ricavi netti >40 milioni di euro.

A partire poi dal bilancio dell’esercizio 2026, con opzione di astenersi per due anni, saranno obbligate a redigere la rendicontazione di sostenibilità anche tutte le piccole e medie imprese quotate che alla data di chiusura del bilancio raggiungono almeno due dei seguenti criteri dimensionali: a) 50 – 250 numero medio di dipendenti; b) 8 mln euro – 40 mln euro di ricavi netti; c) 4 mln euro – 20 mln euro di stato patrimoniale.

Infine, a partire dall’esercizio fiscale 2028, dovranno conformarsi alla nuova disciplina anche tutte le imprese figlie e succursali con capogruppo extra-UE per le quali la capogruppo abbia generato in UE ricavi netti superiori a 150 milioni di euro per ciascuno degli ultimi due esercizi consecutivi e almeno: i) un’impresa figlia soddisfi i requisiti dimensionali della CSRD; o ii) una succursale (presenza fisica) abbia generato ricavi netti superiori a 40 milioni di euro nell’esercizio precedente.