Tax Control Framework: un’opportunità anche per le PMI

Ultimo aggiornamento 29.09.2025

Il Tax Control Framework (TCF) è un sistema di procedure, regole e controlli interni che consente alle imprese di gestire in modo strutturato i rischi fiscali. Nato in contesti di grandi aziende, oggi rappresenta una leva strategica anche per le piccole e medie imprese (PMI) che vogliono rafforzare la propria affidabilità e trasparenza nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria e degli stakeholder.

Perché adottarlo

Un TCF ben progettato permette di:

  • prevenire errori o contestazioni fiscali;
  • garantire coerenza tra scelte operative e normative vigenti;
  • migliorare l’organizzazione interna e la tracciabilità dei processi;
  • rafforzare la reputazione dell’impresa, anche in vista di rapporti con banche, investitori e partner.

Benefici concreti per le PMI

Nonostante le risorse più limitate rispetto alle grandi realtà, le PMI possono ottenere vantaggi significativi:

  • riduzione del rischio di sanzioni e contenziosi;
  • maggiore efficienza nella gestione amministrativa e contabile;
  • accesso più agevole a regimi di adempimento collaborativo introdotti dall’Agenzia delle Entrate;
  • supporto alla crescita, grazie a processi aziendali più solidi e documentati.

Cosa deve fare la società

Implementare un Tax Control Framework non significa creare burocrazia inutile, ma costruire un modello “su misura” per l’impresa. I primi passi sono:

  1. mappare i processi fiscali esistenti;
  2. individuare i principali rischi e punti di controllo;
  3. definire ruoli e responsabilità;
  4. documentare e monitorare le procedure nel tempo.

 

Conclusioni

Per una PMI, investire in un Tax Control Framework significa non solo mettersi al riparo da rischi fiscali, ma anche rafforzare la propria credibilità sul mercato e aprirsi a nuove opportunità di crescita.

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Direttiva NIS2: nuove regole per la governance della cybersecurity

Ultimo aggiornamento 25.09.2025

Il cyber risk è oggi uno dei rischi più rilevanti per le imprese, capace di incidere trasversalmente su attività, processi e stakeholder. Per questo motivo la gestione della sicurezza informatica non può più essere considerata un tema solo tecnico, ma deve diventare parte integrante della governance aziendale. Come tutti i rischi dovrà essere gestito anche attraverso la previsione di adeguati assetti organizzativi.

 

Con il Decreto Legislativo n. 138, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 1° ottobre 2024, l’Italia ha recepito la Direttiva (UE) 2022/2555, meglio conosciuta come Direttiva NIS2. La normativa mira a garantire un elevato livello comune di cibersicurezza in tutta l’Unione Europea, anche in risposta al crescente numero di attacchi informatici che mettono a rischio le attività economiche e i servizi essenziali.

A chi si applica la NIS2?

L’art. 3 del decreto definisce l’ambito soggettivo della direttiva, distinguendo tra:

  • Settori ad alta criticità: questi settori sono considerati vitali per il funzionamento socioeconomico dell’UE e, di conseguenza, le organizzazioni che operano in questi settori sono soggette a requisiti rigorosi in termini di sicurezza informatica. Ad esempio, energia (elettricità, gas, petrolio, idrogeno, teleriscaldamento), trasporti (aereo, ferroviario, marittimo, stradale), sanità, bancario e altri settori considerati vitali per il funzionamento socio-economico dell’UE.
  • Settori critici: in aggiunta, la NIS 2 identifica “altri settori critici”, di cui fa parte un ulteriore gruppo di organizzazioni tenute a rispettare i requisiti di sicurezza imposti dalla direttiva. Rientrano in questa categoria, i servizi postali e di corriere, la gestione dei rifiuti, chimico, agroalimentare, produzione e distribuzione di alimenti, oltre ad altre attività rilevanti per la sicurezza collettiva.

👉 La direttiva si applica principalmente a medie e grandi imprese, secondo i criteri europei di classificazione, ma può includere anche realtà più piccole se considerate strategiche a livello nazionale.
👉 Sono interessati anche i soggetti della catena di fornitura delle organizzazioni rientranti nei settori sopra citati.

Obblighi per imprese

Il decreto introduce diversi adempimenti fondamentali:

  • Registrazione presso l’ACN (Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale) tramite autovalutazione.
  • Nomina di un punto di contatto interno e di un sostituto, come interlocutori ufficiali con l’ACN.
  • Notifica obbligatoria degli incidenti informatici.
  • Adozione di misure tecniche e organizzative per la gestione del rischio cyber.

⏱ I soggetti hanno 9 o 18 mesi di tempo, a partire dall’iscrizione negli elenchi ACN, per adeguarsi agli obblighi previsti.

Il ruolo degli organi amministrativi e direttivi

La normativa attribuisce nuove responsabilità dirette agli organi di amministrazione e direzione:

  • approvare le modalità di gestione del rischio informatico;
  • vigilare sull’attuazione degli obblighi previsti dal decreto;
  • assumere responsabilità in caso di inadempienze;
  • seguire formazione obbligatoria in materia di sicurezza informatica e promuoverla all’interno dell’organizzazione.

Perché è una svolta importante

La Direttiva NIS2 rappresenta una vera e propria rivoluzione nella governance della cybersecurity: non si tratta più di una questione solo tecnica, ma di un tema che coinvolge strategia, organizzazione e responsabilità manageriali.

Per le imprese e le pubbliche amministrazioni, l’adeguamento alla normativa non è solo un obbligo, ma un’occasione per rafforzare la resilienza digitale e la fiducia di clienti, partner e cittadini.



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