Il nuovo Concordato Preventivo Biennale: Requisiti, Vantaggi e Considerazioni

Ultimo aggiornamento 03.04.2024

Con l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 13/2024, pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del 21 febbraio 2024, vengono definiti requisiti e condizioni per l’accesso al Concordato Preventivo Biennale (CPB).

Definizione e destinatari:

Il Concordato Preventivo Biennale è una novità fiscale che consente a determinati soggetti di concordare in anticipo con l’Agenzia delle Entrate il reddito imponibile per gli anni 2024 e 2025, permettendo così di predefinire le imposte dirette (Ires, Irap, Irpef e imposta sostitutiva del regime forfettario) da versare. Queste imposte, stabilite anticipatamente, dovranno essere versate nel biennio, indipendentemente dal fatto che il contribuente generi un reddito superiore o inferiore al previsto. Tale opzione è estesa anche ai contribuenti in regime forfettario, con la differenza che il reddito concordabile per loro riguarda un solo anno, il 2024, anziché due.

Il CPB è rivolto a:

  • contribuenti che esercitano attività d’impresa, arti o professioni che applicano gli Indici sintetici di affidabilità(ISA) di cui all’articolo 9-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50;
  • contribuenti forfettari.

Per partecipare al CPB, ciascun contribuente può calcolare la propria proposta per la definizione biennale del reddito derivante dall’esercizio d’impresa o professionale e del valore della produzione netta rilevanti ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP, dichiarando i dati rilevanti per l’applicazione degli ISA e altri dati specifici per il CPB attraverso l’utilizzo del software che verrà messo a disposizione dall’Agenzia delle Entrate.

I dati da dichiarare per aderire al CPB, così come il reddito ed il valore della produzione proposto per gli esercizi 2024 e 2025 dall’Agenzia delle Entrate, dovranno considerarsi normalizzati, in quanto non dovranno tener conto di:

  • plusvalenze e sopravvenienze attive;
  • minusvalenze e sopravvenienze passive;
  • redditi da partecipazioni in società di persone, in associazioni ed in società soggette ad Ires in regime di trasparenza (art. 73, co. 1, TUIR).

Il reddito relativo a tali componenti conseguito negli esercizi di vigenza del CPB sarà imponibile in aggiunta al reddito concordato.

Eventuali perdite fiscali pregresse potranno essere portate a diminuzione del reddito concordato.

Non possono essere ammessi al CPB i contribuenti che risultano avere debiti tributari o, nel caso in cui ne abbiano, devono estinguere quelli superiori ai 5.000 euro relativi ai tributi gestiti dall’Agenzia delle Entrate (compresi gli interessi e le sanzioni).

I debiti inclusi in sospensione o rateazione non rientrano nel limite sopra indicato fino alla decadenza dei relativi benefici.

Sono altresì esclusi da tale regime i contribuenti che non hanno presentato la dichiarazione dei redditi negli ultimi tre esercizi o che sono stati condannati per reati di riciclaggio, autoriciclaggio, false comunicazioni sociali negli ultimi tre anni.

 

Conviene? Vantaggi e svantaggi

Un primo elemento nella valutazione se aderire o meno al concordato preventivo biennale sta nel vantaggio della certezza del reddito imponibile, che permette una pianificazione finanziaria precisa prevedendo l’importo esatto dovuto per le imposte dirette. Tuttavia, questo potrebbe essere un’arma a doppio taglio, poiché una volta fissato il reddito imponibile, se elementi endogeni nei due esercizi successivi influenzeranno il risultato economico negativamente, il contribuente dovrà comunque versare le imposte dovute come se avesse raggiunto il reddito concordato. Infatti, la norma prevede che l’accordo con il Fisco rimane valido anche se il volume d’affari dovesse ridursi fino al 50%. Quindi solo se il reddito effettivo conseguito dal contribuente fosse inferiore al 50% del reddito concordato verrebbero meno gli effetti del CPB ed il contribuente rientrerebbe nel proprio regime di tassazione naturale.

Un altro vantaggio previsto per coloro che aderiscono al CPB è la riduzione di un anno dei termini di accertamento e la salvaguardia dagli accertamenti analitico-induttivi, nel caso in cui il maggior reddito rilevato in sede di verifica fiscale non superi una determinata soglia.

Da considerare infine il fatto che l’adesione al concordato non comporta una riduzione degli adempimenti contabili e fiscali a cui il contribuente è chiamato. In tal senso non sono previste semplificazioni di cui il soggetto aderente al concordato possa avvalersi.

 

Scadenze e considerazioni finali

Il termine ultimo per aderire al CPB è il 15 ottobre 2024, corrispondente alla data limite per l’invio telematico della dichiarazione dei redditi e per l’adesione al concordato.

Per i contribuenti con periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare, l’accettazione deve avvenire entro il quindicesimo giorno del decimo mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta.

 

Per valutare se il Concordato Preventivo Biennale potrebbe essere vantaggioso, è consigliabile contattare un nostro consulente fiscale o prenotare un appuntamento preso lo Studio Sinaco.


Adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili: tra obbligo e opportunità

Ultimo aggiornamento 25.01.2024

Uno degli obiettivi dell’ampia riforma del Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza (Ccii) è stato quello di creare norme e strumenti che incentivino e favoriscano l’emersione tempestiva dei segnali di difficoltà in cui può versare un’impresa, in modo da evitare che le iniziali difficoltà sfocino in una crisi difficilmente risolvibile.

È in tale contesto che deve essere letto il modificato art. 2086, c.2 del Codice civile, che obbliga l’imprenditore, operante in forma societaria o collettiva, ad “istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.

Pur non fornendo una definizione precisa del termine “adeguato”, il nuovo art. 3 del Ccii indica alcuni requisiti che gli assetti organizzativi, amministrativi e contabili devono soddisfare per poter essere ritenuti “adeguati”.  Di fatto gli assetti vengono ritenuti “adeguati” quando consentono all’imprenditore di disporre di un flusso di informazioni quanto più possibile accurato e tempestivo originato dalle varie funzioni aziendali (finanziaria, commerciale, logistica, R&S, etc…) in modo da cogliere quei segnali che l’organo amministrativo provvederà poi a elaborare e gestire, garantendo una risposta adeguata.

I requisiti elencati nell’art. 3 del Ccii enfatizzano l’importanza tanto degli indici finanziari, quanto di quelli di natura non finanziaria. Gli indici di natura non finanziaria sono particolarmente importanti perché consentono di rilevare situazioni di crisi con maggior anticipo rispetto agli indici di carattere esclusivamente finanziario; i primi, infatti, spesso rilevano i fattori scatenanti della crisi, mentre quelli finanziari intercettano la prima sintomatologia.

Per quanto attiene invece gli indici finanziari, gli assetti sono considerati adeguati se consentono di disporre di piani di tesoreria e piani strategici con un approccio forward-looking, in grado cioè di implementare una pianificazione focalizzata sul futuro e la verifica di alcuni KPI (Key Performance Indicators) di controllo.

Un ulteriore motivo che impone l’istituzione di adeguati assetti nell’impresa deriva dal fatto che dal 30 giugno 2021 l’Eba (European Banking Authority) impone alle banche UE di attribuire un merito creditizio unicamente sulla base di analisi forward-looking.

Il Codice civile prevede che l’istituzione degli assetti spetta agli amministratori. L’omessa istituzione di adeguati assetti e/o il loro mancato effettivo funzionamento concretizza un grave atto di mala gestio che giustifica la revoca dell’amministratore, come si è già visto nella recente giurisprudenza sul tema (Tribunale di Catania, 8 febbraio 2023).

Si tratta quindi di una riforma epocale che detta un nuovo approccio alla gestione dell’impresa, imponendo alle aziende un nuovo modello di management secondo il quale le scelte gestionali non possono più essere basate unicamente sulla mera intuizione dell’imprenditore, ma dovranno essere supportate dalle informazioni fornite dai piani aziendali e uniformate a criteri di razionalità. Ma vi è molto di più: l’imprenditore deve intercettare anche quelle minacce, non sempre rilevabili da analisi di tipo meramente quantitativo, che possono avere effetti destabilizzanti con ripercussioni negative sulla liquidità, perdite operative e intaccando l’integrità del patrimonio.

 

I professionisti dello Studio Sinaco sono in grado di fornire un insieme di competenze e strumenti  appositamente concepiti per la tempestiva rilevazione dei fatti di gestione, la generazione di un reporting innovativo  mediante il quale indagare le cause che hanno determinato i risultati nel passato e  generare informazioni prospettiche relative all’esercizio in corso e a quello successivo, onde tener sotto controllo la situazione aziendale fino al termine di (almeno) i dodici mesi previsto dall’art.3 del Ccii.

Contattateci per dubbi o per un incontro conoscitivo.


Whistleblowing: dal 17 dicembre 2023 obbligo di adeguamento per tutte le aziende con più di 50 dipendenti o, indipendentemente dal numero di dipendenti, che adottano il Modello 231 o che operano in determinati settori.

Ultimo aggiornamento 25.01.2024

Dal 15 luglio 2023 tutti i soggetti pubblici e i datori di lavoro privati che hanno impiegato, nell’ultimo anno, una media di almeno 250 dipendenti a tempo determinato e indeterminato, si sono dovuti adeguare alla nuova disciplina del cosiddetto “whistleblowing”, come previsto dal D.Lgs 24/2023.

Dal 17 dicembre 2023 si devono adeguare alla nuova normativa anche tutti quegli enti e imprese che hanno impiegato tra i 50 e i 249 dipendenti nel 2022 o, a prescindere dal numero di dipendenti, che adottano il Modello 231 o che si occupano di determinati specifici settori

A partire da tale data, quindi, tutti i soggetti obbligati dalla normativa devono implementare procedure e gli strumenti che permettano la protezione delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni normative nazionali o comunitarie che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato, di cui siano venute a conoscenza in un contesto lavorativo pubblico o privato.

Pertanto, oltre a formalizzare una whistleblowing policy, gli enti ed imprese interessati devono dotarsi di canali di segnalazione sicuri, che proteggano la riservatezza dell’identità e i dati personali di chi denuncia condotte illecite, della persona coinvolta, nonché del contenuto della segnalazione. Per quanto riportato all’art.4 del D.Lgs 24/2023, la gestione di questi canali deve essere affidata ad una persona o ad un ufficio interno competente e autonomo, o ad un soggetto esterno anch’esso autonomo e adeguatamente formato. In casi particolari, i segnalatori potranno utilizzare, in alternativa ai canali interni (cioè nell’ambito del contesto lavorativo), il canale esterno (istituito dall’Anac – Autorità Nazionale Anticorruzione), o la divulgazione pubblica.

Il Decreto impone anche una gestione puntuale degli aspetti documentali e pone l’accento sulla necessità di formare il personale aziendale e gli stakeholder coinvolti che devono essere adeguatamente informati sulla procedura e sulle sue implicazioni.

Infine, il soggetto obbligato deve adeguare la policy privacy e redigere il documento obbligatorio di Valutazione d’impatto (DPIA) ai sensi dell’art. 35 Reg. UE Privacy 679/2016 (GDPR), relativo al trattamento dei dati personali al fine della gestione delle segnalazioni.

Le sanzioni per chi non si adegua in modo effettivo e tempestivo alla nuova normativa variano da 10.000 a 50.000 euro e verranno imposte dall’Anac.

 

Adeguarsi alla nuova normativa non significa unicamente evitare possibili sanzioni, ma può anche portare diversi vantaggi ad enti e imprese:

  1. individuare in modo tempestivo un comportamento fraudolento o illecito all’interno della propria organizzazione può aiutare a ridurre gli impatti finanziari ed economici derivanti da tali atti;
  2. prevenire e limitare la fuoriuscita di talune informazioni all’esterno dell’organizzazione riduce il rischio di eventuali danni di immagine o di reputazione;
  3. la comunicazione trasparente crea negli stakeholder un’immagine positiva e sostenibile della propria organizzazione.

 

Se hai dubbi, o se hai bisogno di assistenza e supporto per adempiere alla normativa Whistleblowing di cui al D.Lgs 24/2023, contatta lo Studio Sinaco.


ESG e gestione sostenibile dell’impresa: Perché è ineluttabile, come diventa vantaggiosa, come realizzarla

Ultimo aggiornamento 25.01.2024

La sostenibilità e le relative tematiche ESG (Environmental, social, governance) stanno entrando prepotentemente all’attenzione non solo delle grandi imprese che a partire dal 2024 saranno obbligate a redigere il report di sostenibilità, ma anche delle PMI che iniziano a capire che diversi stakeholders stanno chiedendo questo passo, il rischio è quello di uscire dal mercato:

  • Banche: a partire dal 2020 la European Bank Authority (EBA) ha introdotto nelle Linee Guida per la concessione del credito e l’affidamento il concetto di fattori ESG (EBA Guidelines su Loan Organization and Monitoring, 30 giugno 2020). Pertanto, gli istituti bancari si stanno attrezzando, spesso tramite questionari, per ottenere informazioni sul grado di sostenibilità delle imprese per tenerne conto sia nella decisione o meno di erogare il finanziamento, sia per determinarne il pricing.
  • Clienti nel settore B2C: la terza edizione dell’ESG Monitor, a cura del gruppo globale di advocacy e ricerca Sec Newgate, rileva che l’82% degli italiani afferma di essere interessato alle questioni ESG. Il cliente sempre più orienta i suoi acquisti su prodotti che rispettano i criteri di sostenibilità. Secondo la ricerca appena citata, più del 70% degli intervistati chiede che le aziende adottino pratiche sostenibili, prima di tutto al loro interno a vantaggio dei dipendenti, dei clienti e dei fornitori.
  • Clienti nel settore B2B: le aziende che saranno obbligate a redigere l’informativa di sostenibilità, o che vorranno predisporla in modo volontario, secondo gli standard di rendicontazione ESRS (European Sustainability Reporting Standard) dovranno dare indicazioni anche sulla sostenibilità della propria supply chain e pertanto chiederanno ai propri fornitori adeguarsi a standard di sostenibilità e di essere in grado di dare informazioni e dati certi e verificabili sul proprio business.
  • Istituzioni e governi: a livello normativo si è registrata una crescente attenzione al tema. Pensiamo ad esempio alle agevolazioni fiscali previste per le aziende energivore che attuino interventi di misurazione ed efficientamento energetico, o alle agevolazioni fiscali nel settore dell’edilizia, anche al di là del 110%. Anche gran parte degli investimenti legati al PNRR sono riconducibili ad azioni volte a migliorare l’efficienza energetica e la sicurezza degli edifici. Se si legge il capitolo RePowerEU delle riforme del PNRR si trovano sottocapitoli intitolati, ad esempio “Green skills: formazione per i lavoratori del settore privato e della P.A. per rafforzare le competenze verdi”, “riduzione costi di connessione alle reti del gas per la produzione di biometano”, “Power purchase agreement: contratti innovativi per garantire remunerazione stabile a chi investe in fonti rinnovabili”, etc.

Per sapere quando e a chi si applicano gli ESRS, consulta le nostre FAQ

Assodato che iniziare a considerare il tema è ineluttabile per tutte le imprese, è importante ricordare anche che l’evidenza empirica sta dimostrando che gli investimenti in aspetti ambientali, sociali e di governance non siano solo un costo, ma piuttosto un investimento per la creazione di una maggior redditività dell’equity. In particolare:

  1. Riducono i costi operativi, ad esempio tramite l’efficienza energetica e il risparmio di materie prime;
  2. Accelerano la crescita, attraverso sia l’espansione verso nuovi mercati, che rafforzando la posizione in quelli già serviti. A riguardo, si ricorda che le ultime indagini condotte in Italia descrivono come sempre più consumatori siano disposti a pagare di più, per usufruire di prodotti e servizi che rispettano le tematiche della sostenibilità;
  3. Migliorano la produttività del personale, in quanto un ambiente rispettoso dei fattori ESG consente di attrarre e ritenere le risorse migliori e maggiormente qualificate;
  4. Riducono gli interventi legali e regolatori;
  5. Consentono l’accesso al credito più vantaggioso, come già esposto sopra.

Tutto quanto fino ad ora illustrato, spiega i risultati di un recente studio di Cerved Rating Agency, dal quale emerge che le società con una valutazione ESG “bassa” hanno una probabilità di default in media dalle 2 alle 5 volte maggiore rispetto a quelle con una valutazione alta; viene chiamato “rischio di sostenibilità”.

 

Cosa deve fare quindi un’organizzazione che vuole avviare un percorso di sostenibilità? Possiamo descrivere le fasi di un Progetto ESG come segue:

  1. ASSESS: Si valuta il punto di partenza e dell’impresa e, sulla base delle sue specificità, si vanno ad identificare le aree di sostenibilità più importanti o più urgenti sulle quali intervenire. Per identificare le aree ESG prioritarie, si esegue la c.d. “analisi di materialità”.
  2. STRATEGIZE: Si vanno ad identificare le iniziative che l’azienda può sviluppare per migliorare la sostenibilità e si definiscono i progetti chiave, anche attraverso un’analisi costi/beneficio.

In tale fase è essenziale valutare anche la fattibilità dei progetti identificati, sia dal punto di vista economico che dal punto di vista delle risorse.

  1. DESIGN, PLAN & IMPLEMENT: Pianificare e implementare i progetti identificati come prioritari, attraverso una dettagliata programmazione operativa. La programmazione deve descrivere gli obiettivi che si intendono raggiungere, le attività da implementare (ESG Roadmap), le tempistiche previste per le diverse attività, e un budget da utilizzare. Per implementare il piano, bisogna che siano inoltre definiti i ruoli e le responsabilità per l’attuazione, per la supervisione e per il monitoraggio delle attività previste.
  2. MONITOR & REPORT: Strutturare un sistema di monitoraggio interno ed esterno per controllare lo sviluppo delle iniziative intraprese e infine comunicare le performance. Individuare KPI e indicatori di monitoraggio è essenziale per raggiungere gli obiettivi prefissati. Non da ultimo è essenziale riuscire a comunicare agli stakeholder interni ed esterni le attività svolte, i risultati raggiunti, e gli obiettivi futuri in modo chiaro e trasparente. A tal riguardo, nel momento in cui scriviamo questo articolo, sono in consultazione pubblica gli indicatori semplificati per le PMI approvati dall’EFRAG.

 

Per concludere, i fattori ESG sono e saranno sempre più pervasivi nelle organizzazioni di tutte le dimensioni, e non solo quelle che saranno chiamate per legge nei prossimi anni a predisporre l’informativa di sostenibilità.

Sinaco ha formato i suoi professionisti per affiancarvi in questa nuova sfida.